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Soccorso in Mare e Giustizia in Terra | Auditorium San Mattia Ai Crociferi - Via Torremuzza 28, Palermo
Sabato, 2. Febbraio 2019, 10:00

SABATO 2 febbraio ore 10-14, Chiesa San Mattia ai Crociferi,
via Torremuzza 28 - Palermo

INCONTRO "APPLICHIAMO LA LEGGE SECONDO COSTITUZIONE. RISPETTIAMO GLI OBBLIGHI DI SOCCORSO"

Intervengono:
Fulvio Vassallo Paleologo ( ADIF)
Michele Calantropo (Foro di Palermo)
Daniele Papa ( CLEDU )
Fausto Melluso (ARCI)
Alessandra Sciurba (Mediterranea)
Carmelo Lucchesi (COBAS)

Dopo l’entrata in vigore del decreto “sicurezza” (legge 132/2018) la negazione dei diritti umani ed il clima di intolleranza sono ancora aumentati. Alcuni ministri fanno propaganda elettorale sulla pelle dei migranti smantellando in modo selvaggio il sistema di accoglienza. Mentre - di contro - aumenta la resistenza diffusa nei territori con manifestazioni sempre più ampie di solidarietà.

E' urgente il contrasto efficace ad un coacervo di misure legislative che palesano evidenti problemi di incompatibilità con la Costituzione italiana: si abbattono i diritti di difesa e le garanzie in materia di libertà personale, si cancella la protezione umanitaria, si smantella il sistema di accoglienza, si aumentano i casi di detenzione dei richiedenti asilo, si modificano le norme di pubblica sicurezza sottraendo i poteri di polizia ad un effettivo controllo giurisdizionale.

La connessione tra la materia dell’immigrazione e le questioni della sicurezza determina una miscela ad alto rischio, se si considera il moltiplicarsi di casi nei quali le persone straniere non riusciranno a mantenere un titolo di soggiorno legale e dunque dovranno lasciare i centri di accoglienza, restando costrette alla clandestinità o a trovare alloggio negli insediamenti informali, come le occupazioni abitative, che lo stesso decreto legge prevede di smantellare con gravi sanzioni per tutti gli occupanti. La questione delle residenze anagrafiche negate dimostra i primi effetti discriminatori di una legge che contrasta il dettato costituzionale.

Per trovare consenso sulle misure che limitano le libertà - non dei soli migranti - si fa ricorso alla politica di “chiusura dei porti”, una chiusura che nessun ministro dell’interno può imporre. In questo modo si sovverte il senso comune e si trasformano i soccorritori in colpevoli, legittimando chi si rifiuta o ritarda gli interventi di ricerca e salvataggio in acque internazionali. La guerra alle ONG ha cancellato il rispetto delle regole del diritto del mare che in acque internazionali impongono di fare intervenire la nave piu’ vicina e di garantire un porto sicuro di sbarco. Che anche secondo le Nazioni Unite non puo’ essere un porto libico.

La competenza nelle attività SAR (Ricerca e Soccorso), o la individuazione del POS (place of safety), non possono derogare i principi fondamentali affermati in favore dei rifugiati ai quali sono parificati i richiedenti asilo. Il dovere di tutelare la vita umana in mare è imposto dal Diritto Internazionale. Il mancato adempimento da parte di uno Stato non costituisce adeguato fondamento per il rifiuto di ottemperare opposto da un altro Stato.

Occorre trovare al più presto un porto sicuro di sbarco per le 47 persone soccorse dalla nave SEA WATCH, per le quali né Malta né Italia hanno finora indicato quanto dovuto in base alle Convenzioni internazionali. Perché altre stragi non continuino a ripetersi, occorre adottare regole chiare e generalmente condivise sulla ripartizione delle zone di ricerca e salvataggio e sulla correlata individuazione dei place of safety di sbarco.

Chiediamo altresì alla Commissione Europea di garantire la redistribuzione delle persone soccorse nel Mediterraneo centrale, ai responsabili delle missioni Themis di Frontex ed Eunavfor Med (Sophia), di svolgere le attività SAR, in conformità ai Regolamenti n.656 del 2014 e n.1624 del 2016, fino a 138 miglia a sud di Lampedusa e Malta, come era stato deciso dopo la tragedia del 18 aprile 2015.