È vero: ho sparato sei colpi in testa al mio migliore amico, ma spero di dimostrare, con quanto racconterò, che non sono il suo assassino. Dapprincipio mi prenderanno per pazzo, forse più pazzo dell'uomo che ho ucciso in una cella del manicomio di Arkham. Ma quando avranno valutato i fatti e concatenato gli eventi, i lettori finiranno con il chiedersi come avrei potuto fare diversamente dopo aver visto la prova orrenda rappresentata dalla cosa sulla soglia. Fino a quel momento mi erano sembrati pura follia gli assurdi racconti che, a un certo punto, mi indussero ad agire. Mi chiedo tuttora se non sia stato ingannato o se non sia pazzo sul serio, dopotutto. Chissà? Altri, tuttavia, potrebbero raccontare cose molto strane sul conto di Edward e Asenath Derby; e i poliziotti stessi non sanno spiegarsi il significato di quell'ultima terribile visita a casa mia.
L'ipotesi avanzata, peraltro molto fragile, è che si trattasse di una specie di vendetta dei domestici appena licenziati da Edward, ma sanno benissimo che la verità è diversa, più sconvolgente e angosciosa. Lo ribadisco: non ho ucciso Edward Derby. L'ho vendicato, invece, liberando al contempo la terra da qualcosa che avrebbe potuto scatenare l'orrore fra gli uomini. Vi sono oscure zone d'ombra sui nostri sentieri quotidiani: in prossimità di questi tenebrosi anfratti, a volte, un'anima dannata riesce ad aprirsi un varco. Quando ciò accade, coloro che ne hanno la consapevolezza devono colpire, senza indugiare a valutare le conseguenze.
Conoscevo Edward Derby da sempre. Era più giovane di me, ma talmente precoce che tra noi sussisteva una profonda intesa già quando io ero un adolescente di sedici anni e lui un ragazzetto di appena otto. Era un intellettuale in erba, il più stupefacente che avessi mai conosciuto. A sette anni stupiva i precettori con i suoi versi cupi, fantastici, sorretti da un'ispirazione morbosa: una fioritura precoce che dipendeva forse dall'educazione privata e da una vita schiva e protetta. Figlio unico, di gracile costituzione, era fonte di ansie costanti per i genitori, che lo idolatravano e lo tenevano legato a doppio filo.
Usciva sempre accompagnato dalla governante, e ben di rado gli era consentito di scatenarsi con gli altri bambini. Senza dubbio tutto questo contribuì a sviluppare nel ragazzo una vita interiore, strana e segreta, dove l'immaginazione rappresentava la grande strada verso la libertà. La sua cultura, da adolescente, era prodigiosa e bizzarra; la sua facilità di scrittura mi affascinava, malgrado fossi più vecchio di lui. A quell'epoca mi sentivo attratto verso il grottesco nell'arte, e in quel ragazzo più giovane di me finii per trovare una rara affinità spirituale. Sul nostro comune amore per le ombre e il mistero ebbe un'influenza decisiva l'antica città nella quale vivevamo: Arkham decrepita e sottilmente inquietante; luogo di streghe e di maledizioni, con i suoi tetti accostati l'uno all'altro e le terrazze georgiane diroccate che da secoli si affacciavano, meditabonde, sul tumultuoso Miskatonic.